Sono persone comuni,

con forti motivazioni, che decidono di donare parte del proprio tempo ad altri: nel nostro caso ai malati di tumore in trattamento palliativo, dimessi dalle strutture sanitarie, al proprio domicilio e in hospice. Non abbiamo statistiche esatte, ma pensiamo che nessuno tra di noi abbia avuto la fortuna di non vivere direttamente o indirettamente l’esperienza di un familiare, di un amico, di un vicino di casa malato di tumore.

Ed è proprio dal malato che vorremmo iniziare: l’uomo- malato, l’uomo che non è più l’uomo prima della malattia, che non ha più gli stessi obiettivi, le stesse speranze ed è pur sempre l’uomo.

É nel momento più difficile della propria vita, è nella sua peggiore “forma” d’uomo. Possiamo solo aiutarlo, farlo sentire al centro del nostro interesse, fare in modo di non farlo soffrire, aiutarlo a vivere. In che modo se non ascoltandolo, cercando, nel poco o medio tempo che abbiamo a disposizione, di creare un rapporto affettivo di tipo sociale?

Perché noi sappiamo di essere solo un attimo nei confronti della vita intera dell’individuo che abbiamo davanti, ma sappiamo anche che tanti attimi possono segnare in positivo o in negativo tutta la nostra esistenza. Il volontario è lo “sconosciuto” che entra in punta di piedi in una realtà fatta di vissuti da lui ignorati e di un futuro già determinato. Un nucleo familiare, quanto esiste, già consolidato, viene improvvisamente minato dalla malattia. Certamente è il malato la vittima principale, ma anche i familiari vengono travolti da questo evento. Pensiamo alla impossibilità di fare progetti comuni, alle paure di ciò che ci porteranno i giorni, le settimane ed i mesi a venire.

chi sono i volontari di curare a casa plus

E tanto più questi problemi vengono tenuti nascosti a se stessi e agli altri, tanto più sono forti e possono esplodere nel crollo della tensione.

É il volontario che deve fare da cuscinetto tra il malato e la famiglia, che deve, in silenzio, senza nessuna interferenza, ascoltare l’uno e gli altri, aiutare senza nessuna richiesta specifica là dove vede che una parola, un abbraccio, un gesto serve a rallentare una tensione, serve a capire che non si è soli. Sembra poco o niente permettere ai familiari di poter continuare il lavoro, di poter uscire a fare le spese, di andare dal medico o dal parrucchiere senza sentirsi in colpa per aver lasciato a casa il proprio caro da solo, con i suoi mille perché non detti con se stesso.

Ed è invece per questo che i volontari sono formati: non diremo che è facile, che le motivazioni sono sufficienti a far sì che uno qualsiasi di noi possa improvvisarsi volontario, ma la formazione, la crescita, l’aggiornamento continuo, il confrontarsi, il conoscere più profondamente se stessi ci porta a vivere queste esperienze in modo sempre positivo. Sembra banale, ma dando poco di noi, riceviamo tantissimo.